Monitoraggio dell’efficienza di consolidamento nel tempo, mediante il dispositivo Denuder piatto. Controllo di Qualità dell’Aria in ambienti confinati preposti alla conservazione di Beni Culturali.
A cura di Federica Valentini, Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche Università di Roma Tor Vergata (progetto PoC, Prof of Concept del MISE, Invitalia) e Ivo Allegrini, amministratore unico dell’impresa (PMI) laziale Envint Srl (Montopoli di Sabina, Ri), POR-FESR 2019 progetti strategici aerospazio; Brevetti+ Invitalia
martedì 17 maggio dalle ore 17.45 alle ore 18.30- Sala Sottani
La nostra conoscenza della storia sarebbe molto limitata se non fosse per i libri e per le opere d’arte. Con il passare del tempo, però, diventa sempre più difficile conservare queste testimonianze del passato. Tutto ciò potrebbe cambiare grazie al progetto “Nanomateriali e Beni Culturali: come conservare”.
L’intento è quello di superare i limiti posti dalle tecniche di restauro tradizionali. Le singolari opere d’arte sono parte integrante di ciò che rende la cultura e la storia così affascinanti, ma la loro commercializzazione pesa anche notevolmente sulle economie moderne. Nel 2013 il mercato dell’arte globale ha prodotto ben 47,42 miliardi di euro, secondo la European Fine Art Foundation. Questo spiega perché la conservazione artistica diventa sempre più importante. Le opere d’arte più antiche soffrono sempre più spesso del passare del tempo, mentre le tecniche di restauro tradizionali pongono seri problemi in termini di tossicità e compatibilità fisico-chimica con i Beni Culturali, ma anche con gli utilizzatori finali (i restauratori, gli scienziati della conservazione e i fruitori/visitatori). I materiali comunemente usati per il restauro, come i rivestimenti fatti di polimeri sintetici o materiali inorganici, hanno una composizione diversa di quella delle opere originali, cambiandone le proprietà principali, soprattutto quelle ottiche e meccanico-ingegneristiche. La mancanza di compatibilità fisico-chimica tra i materiali di restauro e le opere d’arte, insieme alla tossicità dei primi, sono i due aspetti principali che hanno spinto la Comunità Scientifica a sviluppare soluzioni alternative sempre più sostenibili, compatibili con i Beni Culturali e biocompatibili con i fruitori dell’Arte. A tale proposito, il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ha sviluppato diverse soluzioni basate su nanomateriali, particolarmente interessanti quali:
nanomateriali di carbonio (come il grafene) con eccellenti proprietà antibatteriche, antimicrobiche e antivirali;
nanomateriali come la nano calce (CaCO3) ed il nano quarzo (SiO2) per il consolidamento di materiali lapidei, (i.e. arenaria con tessitura calcitica);
nano collagene per il consolidamento e rinforzo di materiali membranacei danneggiati, come i cuoi e pelli di coperte di manoscritti antichi;
nano deacidificanti di supporti scrittori (contenenti inchiostri metallo-gallici), quali le nano particelle di CaCO3 e quelle di nano propionato di calcio (anche potente fungistatico).
Oltre alla compatibilità, alla biocompatibilità, alla sostenibilità ambientale (si tratta infatti di materiali ottenuti mediante green Chemistry), le nanostrutture proposte dall’Università Tor Vergata sono anche scalabili dal punto di vista della produzione industriale. Questa produzione massiva rappresenta senz’altro un valore aggiunto perché consentirebbe di immettere sul mercato quantità sufficienti a soddisfare la domanda di laboratori statali del MiC di Roma (Istituti Centrali che sono anche preposti alla validazione e certificazione di nuovi materiali) nonché i laboratori privati di restauro.
Nella seconda parte del nostro evento, il Dr Allegrini in qualità di Amministratore unico dell’impresa laziale Envint Srl presenterà lo sviluppo di nuovi dispositivi portatili per il controllo di qualità dell’aria (con monitoraggio sia di gas inquinanti che di polveri sottili) negli ambienti (indoor ed outdoor) preposti alla conservazione di opere d’arte. Si tratta di piccoli laboratori mobili in grado di misurare autonomamente, in situ, i gas responsabili degli eventi di smog fotochimico nella troposfera ed anche il particolato (PM10 e PM2.5). Sono dotati anche di Datalogger miniaturizzati adatti per la misurazione di T/°C, umidità relativa (RH%) e intensità radiante per unità di superficie. Tale dispositivo integrato invia i segnali analitici prodotti/acquisiti dai sensori alle stazioni di ricezione da remoto (in laboratorio), attraverso un sistema di trasmissione wireless del segnale (non invasivo e rapido). Questi prototipi sono anche integrati in array di sensori con lo scopo di assemblare veri e propri Sciami di Sensori, gestititi da algoritmi intelligenti quali ICT (Information Communication Technology) e IoT (Internet of Things). Questo tipo di approccio è stato già organizzato dalla Envint Srl a Pechino, per il controllo su larga scala geografica ad Alta densità demografica, di eventi di smog fotochimico molto ricorrenti nella città metropolitana di Pechino e dintorni.
Infine, l’Envint Srl in collaborazione con l’Università di Rom Tor Vergata ha sviluppato e brevetta

